Con la sigla ADHD ci si riferisce al cosiddetto disturbo neuropsichico presente nei bambini.

La disattenzione è una delle caratteristiche di tale disordine e si presenta non soltanto in molti bimbi ma anche in diversi adolescenti. E’ un problema che senza ombra di dubbio affligge molti genitori, in quanto porta i loro figli a riscontrare una serie di ostacoli nell’ambiente scolastico ma anche nella vita di tutti i giorni, a livello sociale ed interpersonale.

Ma come capire di avere questa sindrome?

Prima di scoprire nel dettaglio i sintomi dell’ADHD, è bene comprenderne cosa significa e tutti i possibili fattori che contribuirebbero alla sua insorgenza.

ADHD cosa significa

La sindrome di ADHD fu scoperta intorno al XIX secolo.

Più precisamente, si citò dal medico Heinrich Hoffman nel suo libro dal titolo “The Story of Fidgety Philip” (1845).

Egli infatti, definì la Attention Deficit Hyperactivity Desorder come un fenomeno che rendesse il bambino iperattivo a livelli sopra la norma. All’inizio però, non si parlava di vero e proprio disturbo.

Fu Sir George F. Still nei primi del ‘900 a riconoscerlo come tale, parlandone in una serie di conferenze presso il Royal College of Physicians britannico. Secondo lui, l’ADHD sarebbe un problema di salute mentale che si presenta in particolar modo nell’età pediatrica.

Possiamo dunque definire il disturbo da deficit di attenzione ed iperattività come una problematica caratterizzata appunto da:

  • Impulsività
  • Difficoltà di concentrazione
  • Iperattività

Il tutto si manifesta intorno ai 5-7 anni di vita. Ma non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, poiché tale sindrome può presentarsi anche in età adolescenziale.

ADHD cause

A questo punto ci si chiede: quali sono le cause dell’ADHD?

Per prima cosa, è bene dire che non esiste un solo fattore scatenante. Tra l’altro, non c’è alcuna regola universale che si possa considerare riconosciuta dai medici.

Ovviamente però, gli esperti nel settore hanno effettuato vari esperimenti ed osservazioni. A seguito di studi molto approfonditi si è arrivati alla conclusione che la sindrome da disattenzione può nascere in particolar modo per via di alcune particolarità genetiche.

Ciò significa che l’ereditarietà potrebbe largamente rientrare nelle possibili cause. Tuttavia, i medici hanno osservato anche la possibile correlazione tra l’ADHD e uno specifico atteggiamento della madre nella fase della gravidanza.

Ad esempio, se la donna ha fatto uso di alcol o fumo durante i 9 mesi, è probabile che il bambino abbia subito delle “modifiche” in termini neurologici.

Chiaramente, non si tratta affatto di una regola da prendere come oro colato. Allo stesso tempo però, esistono vari studi svolti su particolari aree del cervello (condotti dalla divisione di psichiatria pediatrica dei Servizi di salute mentale americani) che sembrerebbero confermare la possibile correlazione.

Infatti, attraverso varie metodologie (tra cui la risonanza magnetica, la Tac e alcuni tipi di tomografia) hanno potuto dimostrare che tali zone risultano essere un po’ più piccole rispetto a quelli in cui la sindrome ADHD non sarebbe affatto presente.

E’ ovvio che questa è soltanto una delle numerose ipotesi.

Tra le altre cause del disturbo da deficit di attenzione ed iperattività, troviamo i fattori ambientali. A tal proposito, risulta fondamentale il luogo in cui i bambini crescono la loro prima fase di vita (se in una zona molto inquinata o meno).

Oppure, l’ADHD può subentrare per delle cattive abitudini inculcate sin dalla nascita, come il trascorrere troppo tempo dinanzi alla tv. In merito a ciò, una ricerca americana svolta su circa 2500 bambini, ha messo a punto il fatto che le ore passate quotidianamente davanti alla televisione da 0 a 6 anni di vita influiscano notevolmente sui livelli di attenzione e sulla loro iperattività.

E il tutto non sembrerebbe avere nulla a che fare con il contenuto dei programmi, bensì proprio a livello di immagini, in termini di velocità di scorrimento. Gli studiosi infatti, credono che tale processo possa influire in maniera importante su alcune attività cerebrali del piccolo.

ADHD sintomi

Ma quali sono i sintomi da ADHD?

Come vi abbiamo già detto in precedenza, le caratteristiche principali di tale disturbo sono l’iperattività, la disattenzione e l’impulsività. Pertanto, il bambino:

  • trova difficoltà nel portare a termine qualsiasi attività che necessita concentrazione
  • sembra non ascoltare nulla di quanto gli viene detto
  • risulta eccessivamente vivace, corre, si arrampica, salta sulla sedia ecc
  • si distrae con estrema facilità
  • parla in continuazione, rispondendo in maniera irruenta ancor prima di ascoltare le domande
  • non è in grado di aspettare il proprio turno nei lavori di squadra
  • può manifestare seri problemi di apprendimento che lo portano a restare indietro rispetto ai suoi coetanei

Ovviamente, se il bambino dovesse presentare giusto un paio di questi sintomi, non bisogna preoccuparsi. E’ del tutto normale essere iperattivi nella prima fase di vita. Tuttavia, ci si accorge di avere ADHD nel momento in cui si riscontra quasi tutta la sintomatologia sopracitata.

Ma per poterne avere la certezza al 100%, sarà bene consultare un pediatra o comunque un medico esperto nel settore.

ADHD trattamento

Prima di procedere con un trattamento ad hoc, risulta fondamentale effettuare una diagnosi.

E’ davvero molto importante non sottovalutare tale disturbo, poiché il bambino potrebbe avvertire un forte senso di disagio e di inadeguatezza nei confronti dei suoi compagni di classe. Senza contare il fatto che in alcuni sfocerebbe in una serie di manifestazioni che vanno oltre al malessere psicologico, ovvero dei disturbi comportamentali o dei tic nervosi.

Solitamente, la terapia per ADHD può essere di tipo psico-dinamica oppure farmacologica.

Nel primo caso, il bambino dovrà seguire una serie di incontri con una figura esperta. Ad aiutarlo nel percorso però, dovranno esserci anche i genitori. Il motivo risiede nel fatto che l’aiuto di uno psicoterapeuta è essenziale ma non sempre sufficiente. Poiché il bambino vede la mamma e il papà come vere e proprie figure di riferimento, risulta importante anche una giusta educazione da parte loro.

Secondo una serie di statistiche, nella maggior parte dei casi i bambini riescono a trarre beneficio dalla terapia psicodinamica. Allo stesso tempo però, c’è sempre una piccola percentuale che necessita di un maggiore aiuto.

Pertanto, se il bimbo (o l’adolescente) non dovesse rispondere alla cura comportamentale, si può pensare di procedere con un trattamento farmacologico. Ma ci teniamo a precisare che la cura a base di farmaci si deve considerare come ultima spiaggia, solo in rare eventualità.

Articolo precedentePressione alta in giovane età: dall’alimentazione alle patologie nascoste
Articolo successivoVerona, ruba il certificato prima di vaccinarsi e scappa dal bagno

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.