Scafista pentito racconta il traffico dei migranti in Libia.

Il Gruppo Interforze di contrasto all’immigrazione clandestina (Gicic) della procura di Siracusa ha arrestato Karim (nome di fantasia per tutelarne la sicurezza), che con i suoi ventidue anni è uno dei più giovani scafisti arrestati. Il ventiduenne per sfuggire alla cattura ha nuotato per 12 ore consecutive, nella speranza di raggiungere la città di Marsala. Nel corso di queste ore però viene “ripescato” e agli investigatori del Gicic, guidati dal sostituto commissario Carlo Parisi, inizia a raccontare, dopo un po’ di reticenza, il traffico degli uomini in Libia.

I fatti: nel luglio scorso fu soccorso nel Canale di Sicilia dalla Guardia costiera, dopo che si era gettato dalla nave per timore di essere portato ad Augusta, dove era già stato arrestato il 7 giugno del 2014. Dopo questo primo viaggio è stato rimpatriato in Tunisia. Il giovane ha una figlia di un anno e mezzo e una storia molto lunga e travagliata alle spalle. Di origine tunisina è un pescatore e nella città costiera di Mahdia ha lavorato sulle barche da pesca. Nella stessa città è cresciuta una generazione di scafisti tunisini, reclutati da gregari tunisini e portati a Zuwarah, da dove parte il traffico di esseri umani.

Quando ha deciso di collaborare, in cambio di libertà e permesso di soggiorno, il clima era molto teso. Karim racconta che i capi dell’organizzazione sono due fratelli, uno si occupa dell’organizzazione dei viaggi e l’altro cura i barconi. Il padre fa il cassiere e la madre la contabile. La famiglia è molto potente e per questo può usufruire dei cantieri navali per sistemare e costruire le barche. Si avvalgono anche di una piccola milizia di tredici persone che interviene al momento degli imbarchi: se qualcuno cambia idea e non vuole salire sul barcone perché troppo affollato viene costretto con la forza.

Dopo il primo arresto Karim non voleva più fare lo scafista ma una volta tornato in Tunisia ha capito che non aveva altra scelta. Dopo questo nuovo arresto, inoltre, è considerato “bruciato”: se torna in Tunisia la polizia lo arresta e lo tortura (a dimostrazione di ciò mostra le tre dita della mano destra atrofizzate), se torna in Libia lo ammazzano, poiché i trafficanti vengono informati su chi collabora con la polizia italiana.

Grazie alla deposizione di Karim sono stati scoperti anche i nomi degli ‘emissari’ tunisini. Questa è la prima volta in cui un pentito racconta nei dettagli come si muovono i trafficanti in Libia. Il racconto di Karim è stato considerato attendibile dal Gicic e il giovane sarà sicuramente aiutato.

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