A Roberta Petrelluzzi, ideatrice, conduttrice e regista di Un giorno in Pretura, si deve il primo assaggio del genere ‘TV realtà’ che avrebbe contraddistinto Rai3 negli anni a seguire.

Il suo successo televisivo, che scava nel cuore dei processi italiani, rappresenta anche il programma televisivo di Rai3 più longevo, dopo il TG3.

Incuriosisce la biografia di una donna del suo spessore.

Come è arrivata a Rai3? Cosa l’ha spinta a creare una trasmissione unica nel suo genere?

Questa donna profonda, razionale e attenta, abituata a scandire le parole in cerca della verità (anche e, soprattutto, dopo una sentenza) chi è?

 

Roberta Petrelluzzi carriera

E’ nata nel 1944 a Adrara San Martino (Bergamo), della sua infanzia, della sua adolescenza si sa poco e nulla. Dopo aver conseguito la laurea in Scienze Biologiche, lavora come ricercatrice universitaria all’Università La Sapienza di Roma (facoltà di Medicina e Chirurgia).

Nel 1979 partecipa ad un provino per la selezione di una programmista-regista nelle trasmissioni regionali del Lazio da inserire nella neonata Rai3.

Viene scelta e Roberta Petrelluzzi si lancia a capofitto nel lavoro: conduce, realizza vari servizi e contribuisce alla preparazione di programmi come La posta del cittadino (in difesa del cittadino), L’anno santo, Roma città-anticittà e In Pretura (che anticipa Un giorno in Pretura).

Prima di passare al paragrafo dedicato al suo successo televisivo, vale la pena ricordare altri lavori da lei firmati, tra cui La valle del Torbido (film inchiesta del 1993 incentrato sulle estorsioni nella Locride), Taxi Story (un calderone di racconti live e ricostruzioni filmate di storie realmente accadute a tassisti napoletani e romani), Alè…oh…oh Roma – Inter con gli ultras, un documentario che segue i tifosi ultrà della Roma e dell’Inter prima, durante e dopo la finale della Coppa UEFA (1990-1991).

 

Roberta Petrelluzzi conduce Un giorno in Pretura

Un giorno in Pretura, programma televisivo ideato, condotto (da sempre) e diretto da Roberta Petrelluzzi è, a tutti gli effetti, la trasmissione più longeva di Rai 3, dopo il TG3.

Avviato il 18 gennaio 1988, inizialmente il programma si basava sull’intrattenimento, probabilmente perché  veniva trasmesso in prima serata. Esaminava processi che rientravano nella categoria di giustizia minore (furti, controversie legate ad eredità, separazioni, casi di ubriachezza molesta) al preciso scopo di mostrare ai telespettatori come funziona e come viene messa in atto la giustizia italiana.

Oltretutto, all’inizio, Un giorno in Pretura si limitava a presentare una cronaca-sintesi dei processi in corso, seguendo le udienze più importanti settimana per settimana, commentate dalla Petrelluzzi e dai suoi ospiti.

Negli anni ’90 la trasmissione prende una piega diversa e, perciò, viene spostata in seconda serata per via delle argomentazioni ‘forti’: Roberta Petrelluzzi sceglie l’approfondimento giornalistico che segue casi ben più importanti, processi che sono il teatro di fatti importanti della storia criminale italiana.

Si passa dalla criminalità organizzata agli scandali finanziari e politici, dal terrorismo ai crimini di guerra ed ai casi di cronaca nera più clamorosi.

Questo programma, che ha un pubblico tutto ‘suo’ di tipo medio-alto, fu il primo assaggio della ‘TV realtà’ che avrebbe caratterizzato, di lì a poco, Rai3.

 

La struttura di Un giorno in Pretura

Un giorno in Pretura è strutturato in modo tale da intervallare la presa diretta dei processi nelle corti di giustizia italiane (senza alcun commento) con foto delle vittime, filmati narrati da una voce fuori campo che spiega le dinamiche del caso dando qualche cenno biografico dei personaggi principali coinvolti, prove dei reati imputati, spezzoni di vecchi telegiornali o filmati di repertorio.

E’ proprio in queste pause che Roberta Petrelluzzi interviene per spiegare alcune parti del dibattimento, per sottolineare importanti passaggi del processo (o i lati più oscuri).

La presa diretta include testimonianze, dichiarazioni in aula degli imputati, le fasi più importanti del processo e delle arringhe finali (da parte dell’accusa e della difesa) e termina con la lettura in aula della sentenza da parte del giudice.

Nella seconda fase di Un giorno in Pretura la conduttrice prende in esame casi non in corso ma conclusi, con tanto di sentenza.

Come si può definire, dunque, Un giorno in Pretura?

Forse è più giusto chiedersi cosa era e cosa è diventato?

La sua funzione iniziale era quella di controllare l’andamento della giustizia ma, in seguito, si è trasformato in qualcosa di più: un grande affresco della criminalità italiana che fa riflettere.

Tutte le aule giudiziarie (da quelle pretorili a quelle di tribunale fino ad arrivare alla Corte d’Assise) vengono riprese dalle telecamere inviate da Roberta Petrelluzzi.

 

I casi celebri di Un giorno in Pretura

Sono stati molti ed impegnativi i processi sviscerati da Roberta Petrelluzzi in Un giorno in Pretura e, tra tanti casi, quelli che restano ad oggi più impressi nella mente (a volte talmente rilevanti per i mass-media e la cronaca nazionale da aver dedicato loro più puntate) e che qualcuno potrebbe semplicemente definire i più celebri fanno parte di una sostanziosa lista: il processo-simbolo di Tangentopoli a Sergio Cusani sull’affare Enimont, a Priebke per l’eccidio delle Fosse Ardeatine, a Pietro Pacciani il ‘mostro di Firenze’ e Compagni di merende, ad altri mostri come Angelo Izzo il ‘massacratore del Circeo’ e Luigi Chiatti di Foligno, alle Bestie di Satana, al serial killer Donato Bilancia, all’imprenditore della sanità pugliese Gianpaolo Tarantini (l’affare bunga bunga che coinvolse anche Silvio Berlusconi), a Fabrizio Corona imputato per estorsione, a Luciano Moggi (scandalo di Calciopoli), la strage di Erba, ad alcuni membri delle forze dell’ordine per i fatti del G8 a Genova e per le morti di Stefano Cucchi e Federico Aldrovandi.

Senza contare i processi per gli omicidi di Simonetta Cesaroni, Annalisa Durante, Marta Russo, Sarah Scazzi fino ad arrivare ai ‘grandi’ processi, quelli incentrati sulla mafia: al boss Raffaele Cutolo, al boss Giuseppe Setola dei Casalesi per la strage di Castelvorturno, ai boss di Cosa Nostra per l’uccisione del giornalista Mauro Rostagno.

La lista potrebbe andare avanti, ma fermiamoci qui.

 

I motivi del successo e della longevità di Un giorno in Pretura

Ve li spiega direttamente lei, Roberta Petrelluzzi.

“Raccontiamo la realtà all’Italia. Nei processi, quando ad esempio si narrano fatti di sangue, emergono le parti più profonde degli esseri umani. Ciò porta i telespettatori a discutere, perfino litigare in famiglia davanti alla TV”.

 

“La nostra formula è l’unica possibile per rendere un processo leggibile”.

 

“Nel processo sull’omicidio del giornalista Mauro Rostagno, ci sono voluti venti anni per arrivare alla sentenza di primo grado… La giustizia è troppo lenta, quasi eterna. I processi non si chiudono mai, resta sempre uno spiraglio… La giustizia deve essere rapida nel dare risposte…. Quando arriva così tardi, resta sempre il dubbio che ci sia qualcosa dietro anche se tutto è stato detto”.

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1 commento

  1. Non sapevo fosse una mia conterranea e la cosa mi fa molto piacere. L’ho sempre stimata per il suo stile discreto e garbato oltre che per le doti di professionalità e serietà che la contraddistinguono. “Un giorno in pretura” resta uno dei miei programmi preferiti che spero di rivedere al più presto con nuovi casi.

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