I Muse accusano l’Italia e poi smentiscono

Muse

“A Roma abbiamo dovuto corrompere gente con migliaia di euro, solo per essere autorizzati a sparare i nostri fuochi d’artificio. Abbiamo dovuto telefonare all’ambasciata inglese di Roma e discutere con alcuni diplomatici. Quando vuoi fare qualcosa del genere, e sei lontano da casa, è un affare abbastanza grosso. E costoso. A dirla tutta, è incredibile quanto lo sia.”

Questa la dichiarazione di Matt Bellamy, frontman dei Muse, in un’intervista al The Sun, pubblicata lo scorso 26 luglio. Il verbo “corrompere” e l’ombra della “bustarella” non potevano non suscitare polemiche, tanto che la notizia ha fatto rapidamente il giro di tutte le maggiori testate internazionali, minando la credibilità della nostra Capitale e dell’Italia.

Ma dopo qualche ora è arrivata la smentita da parte dell’organizzazione Vivo Concerti “La licenza è stata concessa dalle autorità competenti dopo le opportune verifiche che hanno dimostrato che tutto era sicuro e regolare e dopo aver puntualmente messo in atto ed ottemperato ad ogni disposizione di sicurezza e accorgimento tecnico richiestoci, come è successo in tutte le altre città. Non c’è stato alcun tentativo di corruzione in riferimento ai loro concerti in Italia. Sono state pagate le tasse previste per il lavoro fatto da tecnici e ingegneri esterni, per ottenere i necessari permessi dalle autorità locali. Questo riguarda anche i fuochi di artificio e i certificati di sicurezza in linea con gli standard adottati per tutti i gruppi che si esibiscono in Italia, in aggiunta ai certificati già approvati dalle autorità negli altri Paesi europei dove i Muse si sono esibiti quest’estate.”

La Questura di Roma ha comunque avviato accertamenti sul caso e fornirà un’informativa alla Procura.

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