Pubblicità comportamentale: ecco come veniamo spiati su internet

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Avete consultato alcuni siti online per trovare l’albergo in cui alloggiare a Capodanno e ora continuate a vedere banner esclusivamente su questo tema? Il motivo risiede nella pubblicità comportamentale, o behavioural advertising. Cos’è? Come funziona? Come possiamo difenderci? Vediamo di saperne di più.

Cos’è la pubblicità comportamentale?

Il behavioural advertising è l’ultima frontiera della pubblicità online, un business mondiale che nel 2014 potrebbe raggiungere un valore pari a 10 miliardi di euro. E siamo noi ad alimentare questa ricchezza, o meglio, sono i nostri click e le varie informazioni che diffondiamo sul web a rendere possibile un tale giro d’affari. Questa tipologia pubblicitaria consiste nella realizzazione di banner personalizzati in base alle nostre esigenze e gusti, informazioni reperibili attraverso i siti, i forum, i social network che siamo soliti frequentare.

Come funziona?

Alcune aziende “spiano” il tempo che passiamo su internet. Accumulano informazioni basandosi sui siti che visitiamo, i banner su cui clicchiamo, i social network che frequentiamo, cosa compriamo su internet. Queste informazioni vengono poi opportunamente rielaborate e vendute alle aziende che fanno pubblicità online, dalle quali vengono utilizzate per indirizzare in maniera precisa i messaggi pubblicitari, in modo tale che una determinata offerta venga spedita esclusivamente a chi potrebbe esserne interessato. Ciò rappresenta un grande risparmio per queste aziende.

Profili di consumo

I dati raccolti dalle società non sono riconducibili a una specifica persona ma a un determinato profilo di consumatore, ad esempio, “maschio italiano 50enne appassionato di sport”, oppure “donna inglese 40enne appassionata di cucina”. Questi profili sono generati dalla nostra navigazione su internet.

pubblicità comportamentale

I cookie

Il pedinamento virtuale avviene attraverso i famosi cookie: piccoli marcatori software che si installano nel nostro browser quando visitiamo un sito web e che lo rendono identificabile. Lo “spionaggio” raggiunge però dimensioni più ampie perché il nostro browser, oltre ai siti che effettivamente visitiamo durante la nostra navigazione, contatta, senza che noi ce ne accorgiamo, altri server che registrano il nostro passaggio.

Chi ci spia?

Acxiom, Case Breakers, Exact Data ConsumerBase, CrimCheck.com, PeopleSearchNow.com sono alcune delle aziende che accumulano informazioni su di noi e le rivendono alle società che fanno pubblicità online. Queste aziende hanno accordi commerciali con siti di vario tipo, ciò permette loro di “pedinare” gli internauti, riuscendo così, attraverso algoritmi analitici particolarmente evoluti, a creare i vari profili di consumo. In pratica, osservando ciò che facciamo su internet, queste aziende sono in grado di capire le nostre passioni, dove andiamo in vacanza, se abbiamo figli, dove abitiamo e tanto altro. “I consumatori postano sulla Rete una grande quantità di informazioni su loro stessi, sulle loro attività e sul loro umore. Noi possiamo calibrare le nostre offerte in base al loro stile di vita e alla loro psicologia” ha spiegato a Forbes Shigeru Kakimaru, Marketing Manager di Nissen.

Facebook

Non sempre si tratta di informazioni generali, in alcuni casi, come quello di facebook, le informazioni che mettiamo a disposizione di queste aziende sono ben più personali. Esse hanno infatti la capacità di accedere, senza che noi ce ne accorgiamo, al nostro profilo facebook, avendo così la possibilità di raccogliere dati collegabili direttamente alla nostra persona: età, sesso, residenza, indirizzo e-mail, l’elenco dei nostri amici, le pagine su cui abbiamo messo il “mi piace”. Come avviene questo? È molto semplice. Avete presente quando i siti web danno la possibilità di registrarsi attraverso il proprio profilo facebook? Ecco, quando noi accettiamo di farlo, spalanchiamo le porte della nostra privacy e rendiamo le nostre informazioni facilmente consultabili.

Come difendersi?

Esistono alcuni stratagemmi che permettono di limitare la circolazione delle nostre informazioni: disabilitare la registrazione della cronologia web di Google; limitare il più possibile la quantità di dati personali presenti su facebook, così come la pubblicazione di post e foto; fare il social login (anche se sarebbe meglio evitare) con Twitter, sul cui profilo sono presenti meno informazioni personali.

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