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Un secondo referendum sulla Brexit. È quanto inizia a serpeggiare nel governo britannico. Ma la nuova consultazione popolare è strettamente connessa all’accordo con l’Unione europea sui migranti.

“Se l’Unione Europa ci facesse concessioni per mettere freni all’immigrazione, potremmo fare un secondo referendum per ribaltare il risultato di quello della settimana scorsa”, afferma al Telegraph Jeremy Hunt, ministro della Sanità britannico, uno dei fedelissimi di David Cameron. Si tratta solo di un’ipotesi ma rappresenta comunque un passo indietro a meno di una settimana dal voto che ha decretato l’uscita del Regno Unito dall’Ue.

Gideon Rachman, columnist del Financial Times, non dà per impossibile un tale scenario, anzi, a suo parere non ci sarà alcuna Brexit. Boris Johnson, il principale candidato a pendere il posto di Cameron, non è mai stato un convinto anti-europeista: il suo obiettivo era quello di diventare capo del Governo. Inoltre, sempre stando ai ragionamenti di Rachman, il referendum potrebbe essere stata semplicemente una mossa per ottenere dall’Unione europea ciò che fino ad ora ha sempre negato alla Gran Bretagna, ovvero un un qualche tipo di freno all’immigrazione, se dovesse superare certi limiti.

Insomma, se con la diplomazia non si ottiene niente, si passa alle “maniere forti”. D’altronde, se è vero che per il Regno Unito l’uscita dall’Ue può avere gravi contraccolpi, anche l’Ue rischia grosso.

Intanto, la raccolta firme per indire un secondo referendum ha raggiunto ormai i 4 milioni.

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