Il conflitto in Ucraina sta raggiungendo nuovi livelli di intensità e complessità geopolitica. L’analogia con Al Capone sottolinea il modus operandi di Putin, che combina la retorica diplomatica con azioni militari aggressive per consolidare la propria posizione e ottenere vantaggi strategici. Questo approccio, tuttavia, sta spingendo il conflitto verso un’escalation pericolosa, coinvolgendo sempre più direttamente gli attori internazionali.
Il massiccio attacco russo con missili e droni dimostra una volontà di colpire duramente anche le regioni più sicure dell’Ucraina, aumentando la pressione sulla popolazione civile e le infrastrutture critiche. La risposta americana, autorizzando l’uso dei missili ATACMS, rappresenta un cambio significativo nella strategia di supporto a Kiev. Queste armi, con una gittata fino a 300 chilometri, offrono all’Ucraina la capacità di colpire bersagli profondi in territorio russo, come nella regione di Kursk, dove sono presenti forze russe e nordcoreane.
L’azione di Biden, seppur giustificata dalla necessità di sostenere l’Ucraina contro l’aggressione russa, ha suscitato critiche anche negli Stati Uniti. Gli alleati di Trump, come Richard Grenell, vedono questa decisione come un rischio che potrebbe aggravare ulteriormente il conflitto, proprio nel momento in cui Biden si prepara a lasciare la presidenza per il passaggio di consegne a Trump.
Tutto ciò solleva interrogativi sul futuro della guerra e sul ruolo della comunità internazionale: fino a che punto i Paesi NATO sono disposti a sostenere Kiev senza essere percepiti come co-belligeranti? E quale sarà la risposta russa a questo ulteriore rafforzamento delle capacità militari ucraine?